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giovedì 27 marzo 2008

Un decalogo per il paesaggio - Intervista ad Alberto Asor Rosa su Repubblica del 26/03 - articolo di Francesco Erbani

Un´iniziativa dei Comitati Toscani. Intervista ad Alberto Asor Rosa

UN DECALOGO PER IL PAESAGGIO
"In campagna elettorale si parla poco di ambiente", denuncia il coordinatore della rete. Nel
documento figurano consumo del suolo, tutela, rifiuti ed energia
FRANCESCO ERBANI
ROMA

Un decalogo per ambiente, territorio e paesaggio. Dieci questioni - dal tumultuoso incedere
del cemento alle politiche energetiche, dai rifiuti alla tutela dei beni culturali - che la rete dei
Comitati toscani, nata dopo la denuncia dello scempio di Monticchiello, in Val d´Orcia, ha
messo a punto in questi giorni di campagna elettorale, imputando un po´ a tutti gli
schieramenti un caduta di tensione. È un documento composito, che va anche oltre la
scadenza del voto, una delle prime elaborazioni della vasta ramificazione di comitati che dalla
Toscana si è estesa in altre regioni - le Marche, l´Umbria, la Liguria, il Veneto, la Lombardia -
coinvolgendo ormai parecchie migliaia di persone.
«Partiamo dalla premessa», spiega Alberto Asor Rosa, che della rete è stato il promotore,
«che l´ambiente, in un paese ricco di eredità, ma fragile e vulnerabile, è al tempo stesso un
bene primario e un obiettivo primario. Detto in altri termini: è il metro di misura da cui far
discendere la credibilità e la sostenibilità di ogni programma elettorale».
E ciò non sta accadendo, a vostro avviso?
«Assolutamente no. Qualcuno parla di ambiente e di territorio, ma sembra di ascoltare discorsi
che stanno a distanze siderali dai problemi reali. Molti non ne parlano per niente».
Un panorama desolante.
«Nel quale, però, salutiamo con favore l´approvazione delle modifiche al Codice dei Beni
culturali. Nonostante alcuni compromessi, dovuti al braccio di ferro fra il Ministero e le Regioni,
la nuova versione del Codice contiene meccanismi chiari di protezione del paesaggio,
sottraendoli al puro arbitrio comunale e regionale. Le battaglie condotte dalla nostra rete sono
fra quelle all´origine di questo ripensamento».
Voi siete favorevoli a un maggior accentramento delle competenze in fatto di tutela?
«La protezione del paesaggio è un processo che riguarda tutti i livelli istituzionali, Stato
centrale e Regioni. La Convenzione europea prevede che siano le popolazioni le protagoniste
di questa attività, e non solo le popolazioni che risiedono in quei luoghi. Per dirla
semplicemente: la tutela della Val d´Orcia è una questione che riguarda anche chi abita in
Sicilia. E lo Stato ne è garante. L´idea che a decidere siano solo i residenti o i politici del
posto oltre agli interessi economici più immediati è aberrante. E lo è ancora di più quando si
spaccia questo per partecipazione».
Uno dei punti chiave del vostro documento è l´arresto del consumo di suolo.
«L´espansione edilizia degli ultimi anni ha assunto proporzioni inimmaginabili. I dati dimostrano
che è ormai scollegata da ogni esigenza abitativa. Noi chiediamo che prima di consumare altro
suolo, per ogni bisogno che vada al di là di necessità sociali (le case per i giovani o per gli
immigrati, per esempio) si riutilizzino strutture esistenti. Non si può spacciare per modernità la
costruzione di seconde, terze e quarte case, di villaggi turistici abitati un mese l´anno, di
centri commerciali che paralizzano il traffico».
Ma i Comuni sostengono che senza i soldi che incassano grazie a queste concessioni edilizie
non possono andare avanti, non hanno fondi per gli asili o anche per pagare gli stipendi.
«È un gioco perverso. Un cortocircuito. Da una parte si incassano soldi, ma poi si dilata
sempre più il territorio urbanizzato per cui servono sempre più servizi. E ancora più soldi. La verità è che l´imprenditoria privata è in grado, anche nelle regioni amministrate dal
centrosinistra, di imporre scelte urbanistiche ambientalmente distruttive».
Un altro capitolo del vostro documento è dedicato alle grandi infrastrutture...
«...che concorrono a modernizzare l´Italia e a promuovere il suo sviluppo solo se inserite in
una programmazione complessiva. E solo - mi permetta un´osservazione apparentemente
banale - se fatte bene: l´Italia abbonda di infrastrutture mai terminate o che si sono rivelate
del tutto inadeguate. La verità è che dietro alle spinte per realizzare le cosiddette Grandi
Opere ci sono interessi di imprese. Prenda la vicenda dell´Autostrada tirrenica, che la Regione
Toscana vuole assolutamente realizzare rifiutando l´ipotesi di ammodernare e potenziare
l´Aurelia. Noi chiediamo che venga rivista profondamente la Legge obiettivo e che torni la
valutazione di impatto ambientale, che ora è limitata al solo progetto definitivo di un´opera».
Voi chiedete la valutazione di impatto ambientale anche per gli impianti che producono energia
alternativa.
«Certamente. Noi vogliamo promuovere le fonti energetiche rinnovabili, l´eolico, il solare,
insieme a programmi seri di risparmio e di efficienza. Ma la condizione per realizzare impianti
energetici è la loro compatibilità con l´ambiente e con il paesaggio. Intere zone della Toscana
sono devastate da un uso improprio, fortemente speculativo, delle risorse geotermiche».
Tutti i punti del vostro decalogo si sintetizzano in una richiesta: maggiore partecipazione. Non
si rischia in questo modo di allungare i tempi di approvazione di qualunque opera?
«Non confondiamo. Le lungaggini sono di ordine burocratico e amministrativo. Quello che
chiediamo è che le associazioni e i comitati possano partecipare alle decisioni che sempre più
frequentemente avvengono fuori della pianificazione ordinaria, al riparo da qualunque
discussione o dibattito. Le scelte che riguardano stravolgimenti territoriali non possono essere
prese nel chiuso di una stanza, lontano anche dai Consigli comunali o regionali, e poi
comunicate ai cittadini interessati. Il nostro è un progetto di una democrazia territoriale
partecipata».

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