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mercoledì 19 dicembre 2007

Una centrale a turbogas nel Chianti?


Rischi e ricadute dei recenti progetti nell'area industriale di Testi

Può un territorio con una vocazione economica e produttiva strettamente collegata con il mantenimento dei caratteri di identità storici e paesaggistici, meta di un turismo enogastronomico e naturalistico, abitato da privati e aziende che fanno della gestione eco sostenibile una pratica quotidiana….puntare d’improvviso sul “meraviglioso” mondo dello smaltimento rifiuti e della industria pesante più inquinante? Si, a quanto pare può. La macroscopica incongruenza nasce da una serie di progetti, che si sommano, in modo talvolta contraddittorio, tesi a confermare e a protrarre sine die la destinazione per industrie pesanti e attività fortemente inquinanti che interessano l’area di Testi, al confine tra i territori comunali di Greve in Chianti e di San Casciano Val di Pesa. Già oggi esiste a Testi un polo industriale costituito dal cementificio SACCI, comprensivo dell'attività mineraria, di un impianto di gassificazione attualmente fermo, e di un impianto di betonaggio. Il Piano Provinciale di Smaltimento Rifiuti aggraverebbe questa situazione, in quanto ipotizza sull’area il riavvio e potenziamento del gassificatore, la costruzione di un nuovo inceneritore per 85.000 tonnellate annue di rifiuti, la conferma dell’utilizzo di combustibile derivato da rifiuti (CDR) nel forno del cementificio, l'ampliamento dell'impianto di trattamento rifiuti di Sibille-Falciani, finalizzato alla produzione di CDR. Ma a tutto questo si aggiunge poi la proposta da parte della società VOLTA di una centrale elettrica a ciclo combinato funzionante a gas naturale (TURBOGAS), per la potenza di 50 Megawatt Proprio su questa vicenda sono utili alcune riflessioni. La centrale a turbogas ha provocato una protesta radicale da parte delle associazioni ambientali e di tutela del territorio, culminata in un ricorso al Presidente della Repubblica . Si è voluto caricaturizzare tale critica raffigurando le proteste come frutto di una campagna ideologica contraria al progresso o, peggio, di un egoismo localistico. Ma sono proprio gli argomenti a favore di questa scelta che suscitano molte perplessità. Primo fra tutti la minimizzazione della portata degli inquinanti prodotti dalla centrale a fronte del danno reale prodotto dal cementificio o dal futuro inceneritore. In realtà il volume dei fumi prodotti dalla centrale sarebbe enorme (300.000 mc/ora), e nelle emissioni si avrebbero particelle finissime e nanoparticelle (le più pericolose per la salute) e metalli pesanti, ossidi di azoto e formaldeide, oltre al grave rischio rappresentato dal particolato secondario. Soprattutto, si può rispondere rilevando l’aspetto paradossale del ragionamento, che invece di prevedere il risanamento delle aree compromesse ne prevede l’aggravio. Altro argomento a favore è la presunta positività ambientale della tecnologia, che viene addirittura richiesta dalle comunità locali e dagli ambientalisti in sostituzione del carbone. A questo argomento è fin troppo facile controbattere che nella nostra realtà non si sostituiscono impianti energetici più inquinanti, e che la sfida per l’energia del futuro la si vince smettendo ci costruire centrali a fonti fossili ed esauribili (dalle quali dipendiamo per l’ 80% del bilancio energetico nazionale) per investire invece su fonti rinnovabili, diffuse sul territorio ed integrate nell’ambiente. Inoltre, il gas che è fonte preziosa qui non viene neanche sfruttato al meglio in quanto facendo la centrale lontano da centri abitati si perde la possibilità del teleriscaldamento. Ma l’ultimo argomento a favore della centrale è quello probabilmente più controvertibile. Si dice che con la liberalizzazione del mercato energetico a fronte di una proposta di un soggetto privato il compito delle amministrazioni locali è solo quello di verificare eventuali infrazioni alle leggi ambientali e, se non ve ne fossero, di avallare. Noi crediamo invece che il rispetto delle leggi lo devono garantire i nuclei di polizia ambientale e la magistratura, mentre alla politica spetta un altro compito, quello di verificare il quadro di compatibilità nel quale le iniziative private si devono inserire. La regione non ha ancora definito il Piano di Indirizzo Energetico (PIER), le bozze che ne circolano pongono obbiettivi ambiziosi sul potenziamento del risparmio e delle rinnovabili, ma intanto tutti gli enti competenti approvano il progetto di VOLTA. Per usare una metafora, sarebbe come se un sindaco invece di fare il Piano Regolatore concedesse ai privati di progettare in piena libertà, per poi chiamarne il risultato a posteriori “piano urbanistico”. Fermo rimanendo che la proposta da parte del privato è lecita e prende le mosse da suoi ovvi interessi economici, resta indefinito un punto: chi tutela l’interesse pubblico, nel quale è compreso anche la difesa della salute e del paesaggio, oltre che di tutte le attività economiche e produttive che su questo poggiano e che sarebbero sicuramente danneggiate da questa iniziativa. San Casciano,

Giuseppe Pandolfi

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